7/3/2024
Chometemporary

Uomini normali - #4 Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti

Proseguiamo con la rubrica “Uomini normali” nella quale desideriamo riscoprire alcune personalità e la loro testimonianza di vita. Gli “Uomini normali” sono esseri umani, comprendono perciò sia maschi che femmine. In momenti nei quali forse troviamo in noi stessi una propensione a cogliere della vita e del mondo i “cattivi esempi”, crediamo sia importante riscoprire persone che hanno vissuto vite responsabili lasciando segni che oggi possiamo cogliere e fare nostri.

 

Il 23 agosto 1927 nel penitenziario di Charlestown, in Massachussets, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti furono giustiziati sulla sedia elettrica. I due immigrati italiani, martiri della giustizia statunitense, della “Paura Rossa” degli anni ’20, considerati “bastardi anarchici” dal giudice Webster Thayer che li condannò, furono giustiziati per omicidio. Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti non erano criminali e non avevano alcun precedente con la giustizia. La loro colpa fu quella di difendere i diritti degli uomini e dei lavoratori, di organizzare scioperi e di fare propaganda contro la guerra.

 

Nicola Sacco nato a Torremaggiore (Fg) il 22 aprile 1891, lavorava in una fabbrica di calzature a Milford e partecipava attivamente alle manifestazioni operaie dell'epoca, volte alla richiesta di migliori condizioni di lavoro e salari più giusti. Nicola teneva spesso dei discorsi in tali occasioni, motivo per cui venne arrestato nel 1916. Bartolomeo Vanzetti, nato a Villafalletto (Cn) l’11 giugno 1888, gestiva una rivendita di pesci.

 

I due si conobbero solo nel 1916, anno in cui entrambi entrarono a far parte di un gruppo anarchico italoamericano che si rifugiò in Messico per evitare la chiamata alle armi della Prima Guerra Mondiale. La filosofia anarchica che entrambi condividevano, infatti, vietava nella maniera più assoluta di imbracciare armi, di uccidere o di morire per una Nazione.

 

Nicola e Bartolomeo tornarono nel Massachusetts dopo la guerra, ignari di essersi trasformati in agnelli sacrificali nel momento in cui varcarono il confine. Furono inclusi infatti in una lista di sovversivi del Ministero di Giustizia e pedinati dagli agenti segreti USA. Agnelli sacrificali usati come esempio di una nuova condotta governativa nei confronti dei sovversivi e anarchici. Per questo ruolo Nicola e Bartolomeo erano perfetti: immigrati italiani che non conoscevano perfettamente la lingua inglese, con idee politiche radicali. Inoltre facevano parte di quegli “squallidi personaggi, usciti dai bassifondi della nostra società, miserabili straccioni” di cui ragliò il pubblico ministero Katzman.

 

Fa male al cuore vedere dei poveretti, arrivati dai Paesi più lontani e miserandi, incivili bisogna pur dirlo [...]. Fa pena certo pensare ai loro sforzi inumani per mettere radici in una civiltà superiore, per cercare di adeguarsi ai nostri costumi, alla nostra mentalità. Quale razzismo peggiore dichi [...] vuole contrapporre a leali cittadini [...] ineccepibili e coscienziosi, una massa di poveri immigrati, gente che non sa nulla dei nostri principi nazionali, dei grandi ideali di democrazia, di giustizia che regolano la nostra libera società. Individui che non parlano nemmeno la nostra lingua. È gente come questa che rappresenta il maggior pericolo per le nostre libere istituzioni. Dobbiamo avere comprensione, certo. Ma non fino al punto dimetterle in pericolo. [...] Sono barbari! Barbari!

 

Dall’arringa del pubblico ministero Katzman.

 

Nel maggio del 1920 Nicola e Bartolomeo vennero arrestati per essere stati trovati in possesso di volantini anarchici e di alcune armi. Successivamente vennero accusati anche di una rapina avvenuta poche settimane prima alla quale erano completamente estranei. Né i molti dubbi sulla loro colpevolezza all’epoca del processo, né la confessione di un detenuto portoricano - Celestino Madeiro - che addirittura li scagionava, servirono a salvare loro la vita. Giorni e giorni di manifestazioni, cortei e persino l’intervento del governo italiano, in quel periodo rappresentato da Mussolini, non sortirono alcun effetto.

 

E così il 23 agosto 1927, dopo sette anni di udienze, Nick eBart (così conosciuti in America) furono assassinati sulla sedia elettrica. La loro esecuzione innescò rivolte popolari negli Stati Uniti, ma anche a Londra,Parigi e in diverse città della Germania.

 

Nel 1971 Giuliano Montaldo diresse "Sacco e Vanzetti", il film che racconta l'intera vicenda, con le magnifiche interpretazioni di Gian Maria Volonté e Riccardo Cucciolla. Ne riportiamo un breve ma significativo spezzone, in cui Gian Maria Volonté interpreta Vanzetti durante la sua arringa al processo.

 

"Sono così convinto di essere nel giusto, che se voi aveste il potere di ammazzarmi due volte ed io per due volte potessi rinascere, rivivrei per fare esattamente le cose che ho fatto."

 

Bartolomeo Vanzetti

 

Solo 50 anni dopo, nel 1977, Sacco e Vanzetti furono assolti dal governatore del Massachusetts - Michael Dukakis - che riconobbe ufficialmente gli errori commessi nel processo e riabilitò completamente la memoria di Sacco e Vanzetti: «Io dichiaro che ogni stigma e ogni onta vengano per sempre cancellati dai nomi di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti».

 

Oggi le loro ceneri si trovano nel cimitero di Torremaggiore, città natale di Sacco.

 

Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti furono vittime perché spesero la loro vita lottando per i diritti umani e dei lavoratori e per la pace. Con le lettere scritte dal carcere e i discorsi tenuti durante il processo, ci hanno arricchito con la loro preziosa testimonianza, lasciando un segno che non possiamo rinunciare a commemorare.

 

Tra i tanti testi degni di ricordo, riportiamo quello della lettera che Nicola Sacco scrisse a suo figlio Dante dal carcere, dolorose riflessioni e parole d’amore che hanno ispirato Joan Baez, cantautrice e attivista statunitense, nello scrivere le parole della celeberrima ballata dedicata a Nick e Bart, musicata dal maestro Morricone.

 

Mio carissimo figlio e compagno … Sin dal giorno che ti vidi per l’ultima volta ho sempre avuto idea di scriverti questa lettera: ma la durata del mio digiuno e il pensiero di non potermi esprimere come era mio desiderio, mi hanno fatto attendere fino ad oggi. Non avrei mai pensato che il nostro inseparabile amor potesse così tragicamente finire! .. Ma questi sette anni di dolore mi dicono che ciò è stato reso possibile. Però questa nostra separazione forzata non ha cambiato di un atomo il nostro affetto che rimane più saldo e più vivo che mai. Anzi, se ciò è possibile, si è ingigantito ancor più. Molto abbiamo sofferto durante il nostro lungo calvario.  Noi protestiamo oggi, come protestammo ieri e protesteremo sempre per la nostra libertà. Se cessai il mio sciopero della fame, lo feci perchè in me non era rimasta ormai alcuna ombra di vita ed io scelsi quella forma di protesta per reclamare la vita e non la morte, il mio sacrificio era animato dal desiderio vivissimo che vi era in me, per ritornare a stringere tra le mie braccia la tua piccola cara sorellina Ines, tua madre, te e tutti i miei cari amici e compagni di vita, non di morte. Perciò, figlio, la vita di oggi torna calma e tranquilla a rianimare il mio povero corpo, se pure lo spirito rimane senza orizzonte e sempre sperduto tra tetre, nere visioni di morte. Ricordati anche di ciò figlio mio. Non dimenticarti giammai, Dante, ogni qualvolta nella vita sarai felice, di non essere egoista: dividi sempre le tue gioie con quelli più infelici, più poveri e più deboli di te e non essere mai sordo verso coloro che domandano soccorso. Aiuta i perseguitati e le vittime perchè essi saranno i tuoi migliori amici, essi sono compagni che lottano e cadono, come tuo padre e Bartolomeo lottarono e oggi cadono per aver reclamati felicità e libertà per tutte le povere cenciose folle del lavoro. In questa lotta per la vita tu troverai gioia e soddisfazione e sarai amato dai tuoi simili. Continuamente pensavo a te, Dante mio, nei tristi giorni trascorsi nella cella di morte, il canto, le tenere voci dei bimbi che giungevano fino a me dal vicino giardino di giuoco ove vi era la vita e la gioia spensierata – a soli pochi passi di distanza dalle mura che serrano in una atroce agonia tre anime in pena!… Tutto ciò mi faceva pensare ate e ad Ines insistentemente, e vi desideravo tanto, oh, tanto, figli miei!… Ma poi pensai che fu meglio che tu non fossi venuto a vedermi in quel giorni, perché nella cella di morte ti saresti trovato al cospetto del quadro spaventoso di tre uomini in agonia, in attesa di essere uccisi, e tale tragica visione non so quale effetto avrebbe potuto produrre nella tua mente, e quale influenza avrebbe potuto avere nel futuro. D’altra parte, se tu non fossi un ragazzo troppo sensibile una tale visione avrebbe potuto esserti utile in un futuro domani, quando tu avresti potuto ricordarla per dire al mondo tutta la vergogna di questo secolo che è racchiusa in questa crudele forma di persecuzione e di morte infame. Si, Dante mio, essi potranno ben crocifiggere inostri corpi come già fanno da sette anni: ma essi non potranno mai distruggere le nostre Idee che rimarranno ancora più belle per le future generazioni a venire. Dante, per una volta ancora ti esorto ad essere buono ed amare con tutto il tuo affetto tua madre in questi tristi giorni: ed io sono sicuro che con tutte le tue cure e tutto il tuo affetto ella si sentirà meno infelice. E non dimenticare di conservare un poco del tuo amore per me, figlio, perchè io ti amo tanto, tanto… I migliori miei fraterni saluti per tutti i buoni amici e compagni, baci affettuosi per la piccola Ines e per la mamma, e a te un abbraccio di cuore dal tuo padre e compagno.

 

"Ballad of Sacco and Vanzetti" Joan Baez - Ennio Morricone

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